lunedì 27 giugno 2011

Oggetti della modernità lungo l'Isonzo

Le foto che seguono sono di Walter Coletto

Il paesaggio trasformato per attrezzarlo in un complesso sistema di infrastrutture e luoghi del commercio sta crescendo al'interno della nostra società in termini dimensionali ma anche di messaggio.

Abbiamo percorso le aree dei parcheggi osservando come anche sul fronte della produzione di compensazioni o mitigazioni abientali i progetti non abbiano mai tenuto in considerazione le forme del paesaggio agrario originario. Servizi, edifici e viabilità costruiscono nuovi disegni del tutto astratti.



Le opere di mitigazione più fantasiose si concentrano in occasione del cavalcavia di accesso all'Ikea.

Qui l'uso del verde assume il carattere sapiente delle sperimentazioni dei giardini, ma in un luogo dove nessuno ma si fermerà anche perch<<<è non ci sono marciapiedi e strisce pedonali.






Il livello dell'irragionevole spreco lo si è potuto riscontrare in occasione della rotonda che passa sotto al cavalcavia e che è attrezzata come una grande superficie acquea.

Non si comprende come un nonluogo come questo debba essere per forza arredato come un luogo. Che senso ha costruire un ambiente con la sapiente arte dei giardini su uno svincolo stradale?








Tra Villesse e l'Isonzo è ancora possibile riconoscere alcuni dei campi attrezzati per lo sfalcio e circondati da boschetti nati nelle zone più aride del villaggio.

Non a caso alcuni decenni fa i settori meno produttivi furono trasformati in cave. In questi luoghi ci sono stati poi degli usi diversificati: nuovi spazi per l'agricoltura, discariche, boschetti e persino laghetti per la pesca.







Lungo l'itinerario abbiamo scoperto una nuova e libera quanto insensata espansione alla zona industriale posta in fregio all'argine dell'Isonzo.











L'argine del fiume con la limitrofa zona industriale.

Il vertice del rilavato se percorso permette di cogliere in modo evidente il contrasto tra la naturalità degli spazi golenali e l'artificialità di un ambiente industriale che porge le terga ai luoghi più belli da un punto di vista paesaggistico.









Il pinte mai usato costruito per la ferrovia Redipuglia-Cormons se recuperato potrebbe diventare uno straordinario oggetto per guardare l'alveo dell'Isonzo dove finisce l'alta pianura.

E' un manufatto suggestivo proprio grazie alla indefinita dimensione delle opere viarie realizzate.

































Poco a valle di Redipuglia gli alberi della golena lasciano spazio a una selva di antenne nella stazione di smistamento di Terna. Gli anvadenti elettrodotti disegnano in ciuelo un sistema di geometrie stratto rispetto ai segni dell'agricoltura visibili in terra o a quelli monumentali del vicino sacrario militare.










Quella di Redipuglia è senza dubbio una delle architetture che amo di più in FVG proprio per il suo valore paesaggistico. Non tutti i monumenti attribuibili alla grande messa in scena voluta dal fascismo negli anni '30 hanno il potere di dialogare con l'ambinete dircostante in modo così esplicito. Pensate agli ossari di Udine e Timau, o al pesante monumento di Caporetto, o a quello introspettivo di Oslavia.

Solo a Redipuglia, sul Grappa e a Nervesa l'opera architettonica diventa anche un importante macchina per guardare.



Con l'escursione abbiamo avuto modo di visitare i luoghi posti a monte del sacrario e interessati da uno dei progetti di Carso 2014 progettati dall'architetto Burgi.

La sensazione è stata quella che il tentativo di ritornare per la terza volta a ridisegnare con un monumento il rapporto memoriale con le vicende dei campi di battaglia non sia riuscito ad esprimere una nuova e diversa politica.

Il grande spazio pavimentato proposto attorno all'osservatorio sembra privo di idealità. Dopo il monumento che ha rappresentato il sacrificio del soldato (Cimitero S, Elia), quello del sacrificio dell'eroe (sacrario), quale nuova lettura della vicenda vuole esprmere il monumento che la Provincia di Gorizia vuole realizzare in questo speciale spazio?


In attesa di vedere una nuova architettura di Burgi ci rimane l'amaro in bocca a vedere che la stazione di Redipuglia progettata da Roberto Narducci nel 1936 versa in pessime condizioni di manutenzione da parte delle FS.



Nessun commento:

Posta un commento