giovedì 30 giugno 2011

Da Sella Nevea alle Cave del Predil



















Domenica 3 luglio
Paesaggi ibridi dal sapore danubiano

Ore 9,30 di fronte al rifugio del CAI Divisione Julia a Sella Nevea
Gli insediamenti alpini di nuova formazione hanno costruito dei paesaggi della modernità del tutto originali, caratterizzandosi dagli insediamenti alpini antichi per la forma e per le funzioni. Con questa camminata attraverseremo uno dei tratti delle Alpi Giulie meno insediati, collegando con un percorso la località del turismo invernale con Cave del Predil, il piccolo insediamento minerario ricostruito in età fascista come un ambiente unico e speciale. Entrambi questi paesaggi costruiti sono estranei alla tradizione dell’abitare la montagna.

I motivi
Gli insediamenti turistici sorti in regione negli anni 60-70 in modo autonomo, e a volte in antagonismo con gli insediamenti storici, non sono poi molti. L’esempio udinese di Sella Nevea e quello pordenonese di Piancavallo hanno in fin dei conti una storia simile. In entrambi i casi i villaggi estivi sono sorti sul luogo di frequentazioni temporanee per lo sfruttamento dei pascoli da parte delle comunità locali. In entrambi i casi l’interesse di chi frequentava la montagna per studio o per piacere fece sorgere qui dei rifugi alpini come base di appoggio per più impegnative escursioni montane. In entrambi i casi queste piccole attrezzature per il turismo furono l’elemento di partenza per sviluppare il progetto novecentesco di due villaggi turistici di moderna concezione.
Sella Nevea come la vediamo oggi venne inventata negli anni ’70. L’idea fin dall’inizio era quella di costruire un sistema di edifici complessi e plurifamiliari che non dovevano assolutamente assomigliare a quelli della tradizione della Val Raccolana. Le “stecche” moderne si collocarono nella morfologia della sella in modo assolutamente indipendente rispetto alla micro morfologia e gli attacchi a terra vengono a volte garantiti da percorsi pilastrati dichiarando l’astrattezza del tema progettuale.
L’insediamento è esclusivamente di seconde case, privo di servizi pubblici se non lo spazio della viabilità e dei parcheggi, e vive quasi esclusivamente in relazione alle strisce degli impianti di risalita e delle piste di discesa del carosello invernale. Si tratta di un programma insediativo così insensato da non riuscire a vivere di vita propria e se qui non ci fossero enormi contributi pubblici che ripianano i debiti di gestione degli impianti sciistici questi alloggi non varrebbero nulla.
Anche in questo caso ci troviamo in presenza di uno speciale modo di organizzazione della città “fuori dalla città”. L’abitato non interagisce con l’intorno se non con i campi da sci e l’ambiente agricolo è in sostanza in fase di abbandono.

Ragionamento diverso va fatto per la tappa finale del nostro viaggio. Infatti, Cave del Predil è un abitato storico, ma per contro del tutto diverso da quelli tradizionali della montagna friulana, slovena o austriaca. Un insediamento tanto specializzato che non ha mai sfruttato le risorse del territorio, se non quelle minerarie. L’economia delle famiglie di abitanti prevedeva che la maggior parte del cibo fosse importata, perché i minatori erano concentrati solo sull’estrazione.
L’insediamento di Cave del Predil è pieno di contraddizioni. Si colloca in un’area difficilmente attrezzabile per l’agricoltura e il suo nome viene declinato in almeno tre modi diversi per le tre etnie che si incontrano su questa terra di confine: Rabil in friulano, Raibl in tedesco e Rabelj in sloveno.
Che si tratta di un insediamento speciale lo si capisce appena vi si pone piede, Il tipo di architettura e di organizzazione degli spazi urbani non assomiglia per niente ai villaggi della Val Raccolana, ma nemmeno a quelli sloveni posti sulle pendici del Mangart e nemmeno alla tradizione tedesca che incontriamo a Fusine o a Tarvisio.
L’architettura qui ha un carattere sperimentale e istituzionale e soprattutto nel ‘900 ha sempre voluto esprimere una specialità del luogo rispetto al contesto n cui si trova. Non basta l’evidenza della miniera di Monte Re, ma tutto il villaggio racconta la storia di un insediamento non agricolo e promosso da interessi e forze amministrative esogene.
Per cominciare prevalgono le case d’appartamento, anziché le residenze contadine unifamigliari. Le forme dell’architettura esprimono caratteri di modernità e di innovazione che volevano essere un messaggio per le famiglie dei minatori.
La miniera è stata chiusa nel 1991 dopo un lento declino e solo ora sta partendo un nuovo processo identitario e di riappropriazione di luoghi e storia che potrebbe trasformare Cave del Predil in un sistema museale a scala territoriale molto simile a quello di Idrija in Slovenia. Questo nuovo ruolo dell’insediamento potrebbe essere la sola possibilità di conservare qui un presidio umano, visto che in pochi anni il paese è passato dai tradizionali 2.100 abitanti agli attuali 400.
Per ora è stata aperta alle visite una piccola parte delle miniere di piombo e zinco di Monte Re che provvederemo a visitare.
L’insediamento ha una storia che affonda le sue radici almeno nel medioevo, ma divenne particolarmente importante e strategico a partire dal XIX secolo quando per questa valle transitò l’importante strada per l’Isonzo che metteva in collegamento Tarvisio con Gorizia e che noi in parte percorreremo.
Infatti è solo nel 1772 che l’amministrazione austriaca inizia a interessarsi al disastroso e irrazionale utilizzo della miniera assorbendo quasi tutti i diritti di scavo precedenti e proponendo una riorganizzazione produttiva e insediativa di Rabil. La miniera comincerà ad essere progettata per scendere al di sotto del livello della valle e l’atteggiamento illuminista farà sviluppare anche le ricerche sui minerali estratti e sulla forma geologica dei luoghi.
Nel 1898 la miniera e l’insediamento avranno la facoltà di godere dell’illuminazione elettrica. Nonostante tutto Rabil non possedeva cicli di trasformazione del prodotto estratto, ma solo le funzioni estrattive con gallerie che raggiungevano gli 80 Km e che scendevano per 200 metri al di sotto del livello del paese.
Dopo il 1918 la miniera diventò proprietà dello stato italiano venne sottoposta a una profonda riorganizzazione. E’ a questo periodo che possiamo riferire la maggior parte degli edifici del paese, progettati anche dall’arch. Cesare Miani, e anche il nuovo nome della località italianizzato in Cave del Predil.

I luoghi 
Inizieremo la nostra escursione da Sella Nevea visitando una delle strutture artificiali più specializzate degli ultimi decenni. Cercheremo di capire il futuro prossimo di questo luogo nel suo essere completamente asservito alla pianura. E’ interessante osservare i tipi edilizi di un’architettura moderna che si proponeva in alternativa all’architettura dei villaggi storici.
Il villaggio moderno è sorto attorno al luogo dell’ottocentesco rifugio alpino sorto qui perché la Sella era il punto di appoggio più alto alle attività escursionistiche .
Il valico ha poi un significato speciale soprattutto se si considera che qui si trova lo spartiacque che separa il bacino idrografico danubiano da quello adriatico. Scenderemo lungo il corso d’acqua che prende il nome dal lago che si forma alla base della stretta vallecola.
Il percorso dovremmo un po’ costruirlo utilizzando le piste dell’esbosco e superando i piccoli affluenti. Per questo consigliamo di portarsi al seguito ciabatte di plastica o stivali per fare il guado.
Raggiungeremo così l’inizio del lago influenzato dal trasporto solido e dai riempimenti con il torrente che assume forme meandrili.
Qui si incontrerà il nuovo percorso pedonale predisposto dal comune di Tarvisio che costeggia tutto il lago e che ci sembra una corretta forma di valorizzazione dello specchio acqueo.
A metà del percorso incontreremo il forte del Predil (la visita necessita di pile), un’opera della prima guerra mondiale e alcune strutture turistiche legate al lago.
Da qui si scorge molto bene un’altra importante “soglia” che divide il bacino idrografico del Danubio da quello dell’Isonzo, la sella del Predil che raggiungeremo in fila indiana toccando il confine che divide oggi l’Italia dalla Slovenia. Poco prima della soglia rintracceremo il forte del Predil, un’opera difensiva complessa.
Sosteremo per il pranzo al sacco (per chi vuole c’è anche una piccola trattoria slovena) cogliendo una delle migliori viste su Mangart e Jalovec, due dei monti più belli dell’alto Isonzo.
Rientreremo poi verso valle alla volta dell’insediamento minerario percorrendo l’antica strada postale (la strada estiva) che rimaneva alta sulla valle e sul lago e che scendeva solo in occasione del paese.
La tranquilla discesa ci condurrà in paese dove alle 14,30 abbiamo programmato una visita alle miniere dismesse di Cave del Predil (circa un ora) e una visita al museo minerario.
Chi è interessato a questa visita deve prenotare in modo separato la discesa alla miniera che costa 6 € (max 24 posti), mentre il solo museo costerà 2€.
Usciti dal museo della miniera visiteremo il villaggio e la sua speciale architettura e geografia, poi provvederemo a riportare gli autisti alle auto a Sella Nevea.

Per partecipare 
La passeggiata si svilupperà su ambienti molto diversi e in alcuni casi fuori da sentieri, sul bordo dell’acqua, e consigliamo scarpe da montagna per ogni evenienza.
A Sella Nevea si arriva risalendo la strada del Canal del Ferro fino a Chiusaforte e deviando poi a destra per percorrere tutta la Val Raccolana fino alla Sella danubiana.
Parcheggeremo nei pressi del rifugio alpino che si trova a destra entrando nel borgo.
L’escursione prevede una camminata lenta di circa quattro ore priva di difficoltà. Chi viene con i figli è pregato di prestare a loro le dovute attenzioni.
Sono sufficienti scarpe da montagna comode e un abbigliamento conforme alla stagione variabile. Durante il primo tratto forse saremo costretti ad attraversare alcuni torrenti e quindi vi consigliamo di portarvi al seguito o ciabatte in plastica o sacchetti impermeabili per foderare i calzari.

Per i problemi finanziari dell’associazione le escursioni di Scarpe & Cervello non saranno più gratuite, ma sottoposte a una quota di adesione per compensare i costi organizzativi. I non iscritti pagheranno 5 euro mentre gli iscritti 3. Per i bambini rimane tutto gratuito.

Numero massimo di adesioni: cinquanta con obbligo di prenotazione.

Per informazioni e prenotazioni:
Moreno Baccichet: 043476381, oppure 3408645094, bccmrn@unife.it
Legambiente del Friuli Venezia Giulia: 0432 295483, info@legambientefvg.it,
Informazioni aggiornate saranno inserite nel sito dell’associazione: http://www.legambientefvg.it/ e su http://www.scarpecervello.blogspot.it/

Paesaggi della modernità e paesaggi storici a Nord di Udine














Domenica 5 giugno 2011


Paesaggi della modernità e paesaggi storici a Nord di Udine


Ore 9,30 di fronte all’ingresso di Città Fiera, nei pressi del distributore di benzina


Un tempo i quartieri fieristici erano l’espressione di una funzione di promozione che la città aveva nei confronti del territorio e le grandi esposizioni si costruivano all’interno del tessuto urbano. Ora è sempre più diffuso il caso in cui queste strutture siano, come a Udine, espulse dalla città e che a loro volta diventino l’occasione per costruire un più ampio e complesso sistema di superluoghi. Attraversando il Cormor e Tavagnacco avremo la possibilità di misurare il rapporto tra queste nuove centralità e i villaggi tradizionali per poi finire l’escursione in un settore importante della conurbazione udinese. Li dove l’espansione dei luoghi del commercio lungo la Pontebbana ha stretto come in una morsa il vecchio cimitero dedicato ai caduti inglesi del secondo conflitto mondiale, costruito un tempo in aperta campagna.


I motivi
Le città si stanno sempre più dilatando assumendo il carattere tentacolare delle conurbazioni sviluppate lungo le arterie di maggior traffico. L’escursione che abbiamo programmato ci permetterà proprio di cogliere il peso paesaggistico dei bordi della città rispetto al paesaggio tradizionale. Lo faremo percorrendo il settore nord di Udine interpellandoci sul ruolo che le grandi strutture del terziario svolgono nei confronti della costruzione di una nuova immagine urbana. Persino dove la saldatura dell’edificato permette ancora di riconoscere l’identità di un paese e della sua popolazione i tessuti delle espansioni residenziali sono il risultato di una richiesta immobiliare che proviene dalla città stessa.
In modo non diverso il desiderio di nuovi spazi per la ricreazione fa sì che ancora una volta attraverso profonde digitazioni, che assumono il carattere di piste ciclabili e ippovie i cittadini penetrino all’interno del territorio rurale godendo in modo estetizzante degli ambienti della produzione agricola o di quelli naturali.
Ma dove finisce l’influenza della città e iniziano i paesaggi della tradizione? Cercheremo di capirlo sul posto costruendo una sorta di transetto che lungo il Cormor ci permetterà di comprendere le trasformazioni in corso mentre raggiungeremo l’antico e intatto borgo di Fontanabona.
Il diverso registro nella velocità delle trasformazioni ci interessa in modo speciale perché ci permette di cogliere i diversi valori che attribuiamo ai territori.
Perché qualche ambiente viene considerato di qualità e altri vengono sacrificati nell’indifferenza?


I luoghi
Per la seconda volta inizieremo la nostra escursione dal parcheggio enorme di un cento commerciale, quello di Città Fiera a Nord Ovest di Udine, lungo la statale per San Daniele. Qui il recupero di un’ampia struttura proto industriale legata a una linea d’acqua artificiale aveva visto nascere una interessante esperienza di recupero urbano con la costruzione di un complesso fieristico che consolidava l’originario complesso industriale.
Si scelse poi di affiancare a questa struttura pubblica espulsa dal centro cittadino un centro commerciale tra i più moderni che proprio dalle strutture fieristiche traeva, nel suo impianto edilizio, la fonte delle ispirazioni. Come si fa, infatti, a non richiamare alla mente i padiglioni delle grandi esposizioni ottocentesche come il grande palazzo di cristallo di Joseph Paxton, oppure i grandi magazzini parigini, londinesi o moscoviti?
Una grande basilica del consumismo che brucia le merci su un altare giocoso e superficiale.
Da Città Fiera prenderemo un itinerario da poco attrezzato lungo il Cormor recuperando alcuni tracciati agricoli. Questa ippovia è oggi molto frequentata da ciclisti che partono da Udine e usano questa infrastruttura per raggiungere le colline moreniche.
Il Parco del Cormor che era stato un progetto contrastato degli anni ottanta sembra attuarsi quindi attraverso piccole opere e soprattutto gli usi urbani che si dilatano negli spazi caratterizzati da paesaggi pseudo naturali e paesaggi culturali dell’agricoltura, Un’agricoltura, che come avremo modo di vedere, a volte conserva i valori estetici e archeologici di forme d’uso del passato, altre volte è sottoposta a modalità di modernizzazione che cancellano vecchi segni, filari, fossi, policolture.
Immanente l’autostrada porrà alla nostra attenzione il significato dei collegamenti internazionali attirando la nostra attenzione per le qualità estetiche di un progetto molto raffinato di inserimento ambientale nel paesaggio dei terrazzi fluviali e delle colline moreniche, ma anche per quel continuo rumore che l’infrastruttura provoca nel contesto.
Raggiungeremo in questo modo le espansioni urbane di Pagnacco, quartieri che sentono l’influenza di una richiesta di abitazioni di qualità alternativa alla dimensione urbana del capoluogo friulano. Ormai le espansioni dei villaggi del pedecolle hanno costruito un sistema denso di abitati saldati da forme di dispersione insediativa.
Da Pagnacco saliremo lungo le pendici della collina per cogliere il paesaggio accostato e conservato dell’insediamento medievale di Fontanabona. Questo bellissimo castello con borgo è uno degli ambienti che meglio esprimono una tradizione insediativa e produttiva delle forme di organizzazione territoriale basate sul feudalesimo e caratterizzate dal maniero, dal palazzo, dal borgo e dalle case agricole sparse sul colle.
Visitata Fontanabona scenderemo nuovamente verso il Cormor per raggiungere nuovamente l’ippovia e il borgo ancora ben conservato di un altro insediamento pedecollinare, quello di Tavagnacco.
Avremo modo di cogliere la misura dei vecchi borghi con strada-corridoio nel suo rapporto con la profonda incisione del fiume. Il paese era stato collocato nel punto dove i terreni erano meno produttivi e la chiesa fu costruita proprio sopra la varice erosa dal Cormor.
Da qui scenderemo verso Udine attraverso una campagna ricca di segni di abbandono e sottoposta alla pressione della costruzione di nuovi tessuti commerciali e direzionali espansi ormai fino a Tavagnacco lungo la statale 13.
La nostra escursione finirà proprio in questa zona di moderne strutture e soprattutto nel punto in cui Metro e Carrefour sfiorano un bellissimo cimitero di guerra costruito negli anni ’40 in aperta campagna lungo la strada statale. Il cimitero degli inglesi sarà il terminale del nostro viaggio pedestre e ci permetterà di cogliere la misura dei cambiamenti territoriali avvenuti in questa zona della periferia udinese.


Per partecipare
La passeggiata si svilupperà su ambienti molto diversi, strade, viabilità campestri, l’ippovia, ecc., ma in sostanza sono sufficienti scarpe da ginnastica o da trek.
Per chi arriverà in autostrada l’uscita di riferimento è quella di Udine Nord e poi si seguirà la strada per Spilimbergo seguendo le diffuse indicazioni per la Fiera.
Il parcheggio è molto ampio e ci si troverà di fronte all’ingresso principale del centro commerciale, nei pressi del distributore di benzina.
L’escursione prevede una camminata lenta di circa sette ore (14-15 chilometri) priva di difficoltà.
Sono sufficienti scarpe comode e un abbigliamento conforme alla stagione variabile.

Per i problemi finanziari dell’associazione le escursioni di Scarpe & Cervello non saranno più gratuite, ma sottoposte a una quota di adesione per compensare i costi organizzativi. I non iscritti pagheranno 5 euro mentre gli iscritti 3. Per i bambini rimane tutto gratuito.

Numero massimo di adesioni: cinquanta con obbligo di prenotazione.


Per informazioni e prenotazioni:
Moreno Baccichet: 043476381, oppure 3408645094, bccmrn@unife.it
Legambiente del Friuli Venezia Giulia: 0432 295483, info@legambientefvg.it,
Informazioni aggiornate saranno inserite nel sito dell’associazione: http://www.legambientefvg.it/ e http://www.scarpecervello.blogspot.it/

lunedì 27 giugno 2011

Oggetti della modernità lungo l'Isonzo

Le foto che seguono sono di Walter Coletto

Il paesaggio trasformato per attrezzarlo in un complesso sistema di infrastrutture e luoghi del commercio sta crescendo al'interno della nostra società in termini dimensionali ma anche di messaggio.

Abbiamo percorso le aree dei parcheggi osservando come anche sul fronte della produzione di compensazioni o mitigazioni abientali i progetti non abbiano mai tenuto in considerazione le forme del paesaggio agrario originario. Servizi, edifici e viabilità costruiscono nuovi disegni del tutto astratti.



Le opere di mitigazione più fantasiose si concentrano in occasione del cavalcavia di accesso all'Ikea.

Qui l'uso del verde assume il carattere sapiente delle sperimentazioni dei giardini, ma in un luogo dove nessuno ma si fermerà anche perch<<<è non ci sono marciapiedi e strisce pedonali.






Il livello dell'irragionevole spreco lo si è potuto riscontrare in occasione della rotonda che passa sotto al cavalcavia e che è attrezzata come una grande superficie acquea.

Non si comprende come un nonluogo come questo debba essere per forza arredato come un luogo. Che senso ha costruire un ambiente con la sapiente arte dei giardini su uno svincolo stradale?








Tra Villesse e l'Isonzo è ancora possibile riconoscere alcuni dei campi attrezzati per lo sfalcio e circondati da boschetti nati nelle zone più aride del villaggio.

Non a caso alcuni decenni fa i settori meno produttivi furono trasformati in cave. In questi luoghi ci sono stati poi degli usi diversificati: nuovi spazi per l'agricoltura, discariche, boschetti e persino laghetti per la pesca.







Lungo l'itinerario abbiamo scoperto una nuova e libera quanto insensata espansione alla zona industriale posta in fregio all'argine dell'Isonzo.











L'argine del fiume con la limitrofa zona industriale.

Il vertice del rilavato se percorso permette di cogliere in modo evidente il contrasto tra la naturalità degli spazi golenali e l'artificialità di un ambiente industriale che porge le terga ai luoghi più belli da un punto di vista paesaggistico.









Il pinte mai usato costruito per la ferrovia Redipuglia-Cormons se recuperato potrebbe diventare uno straordinario oggetto per guardare l'alveo dell'Isonzo dove finisce l'alta pianura.

E' un manufatto suggestivo proprio grazie alla indefinita dimensione delle opere viarie realizzate.

































Poco a valle di Redipuglia gli alberi della golena lasciano spazio a una selva di antenne nella stazione di smistamento di Terna. Gli anvadenti elettrodotti disegnano in ciuelo un sistema di geometrie stratto rispetto ai segni dell'agricoltura visibili in terra o a quelli monumentali del vicino sacrario militare.










Quella di Redipuglia è senza dubbio una delle architetture che amo di più in FVG proprio per il suo valore paesaggistico. Non tutti i monumenti attribuibili alla grande messa in scena voluta dal fascismo negli anni '30 hanno il potere di dialogare con l'ambinete dircostante in modo così esplicito. Pensate agli ossari di Udine e Timau, o al pesante monumento di Caporetto, o a quello introspettivo di Oslavia.

Solo a Redipuglia, sul Grappa e a Nervesa l'opera architettonica diventa anche un importante macchina per guardare.



Con l'escursione abbiamo avuto modo di visitare i luoghi posti a monte del sacrario e interessati da uno dei progetti di Carso 2014 progettati dall'architetto Burgi.

La sensazione è stata quella che il tentativo di ritornare per la terza volta a ridisegnare con un monumento il rapporto memoriale con le vicende dei campi di battaglia non sia riuscito ad esprimere una nuova e diversa politica.

Il grande spazio pavimentato proposto attorno all'osservatorio sembra privo di idealità. Dopo il monumento che ha rappresentato il sacrificio del soldato (Cimitero S, Elia), quello del sacrificio dell'eroe (sacrario), quale nuova lettura della vicenda vuole esprmere il monumento che la Provincia di Gorizia vuole realizzare in questo speciale spazio?


In attesa di vedere una nuova architettura di Burgi ci rimane l'amaro in bocca a vedere che la stazione di Redipuglia progettata da Roberto Narducci nel 1936 versa in pessime condizioni di manutenzione da parte delle FS.