lunedì 13 dicembre 2010

LE SIEPI NELL'ETA' DEL CINGHIALE





Il nostro paesaggio è molto normalizzato rispetto a quello di qualche secolo fa. Prima dei lumi alcune forme di delimitazione degli sazi coltivati erano alquanto diffuse. Soprattutto le difese passive, siepi e palizzate, che a differenza dei recinti murari sono scomparse molto velocemente.
Mano a mano che le comunità hanno abolito il pascolo brado e vagantivo le siepi intrecciate, per impedire l’ingresso degli animali nei coltivi, sono andate via via sparendo e con loro una tradizione antica di manutenzione e costruzione. Oggi rintracciare una siepe intrecciata e in efficienza è rarissimo, mentre, se si sa osservare, non è difficile riconoscere siepi incolte, un tempo gestite per le marginature. Ad Arba, ad esempio, a primavera abbiamo rintracciato diversi esempi di recinzioni vive abbandonate e ormai gestite per la sola produzione di legname. A Coltura di Polcenigo, invece, ho rintracciato una siepe ancora ben mantenuta e da poco rinnovata e che ho fotografato nel vestito invernale per meglio comprendere le modalità costruttive di questo manufatto vivo.
Si tratta di una marginatura che ha delle componenti vegetali che hanno senza dubbio più di un centinaio di anni, mentre presenta completamenti e sostituzioni piuttosto recenti. La siepe sembra infatti sia stata restaurata alcuni anni fa e riportata agli antichi splendori per una riscoperta funzionalità. La necessità di costruire una marginatura ai campi coltivati non è più giustificata dalla presenza in loco di un allevamento brado diffuso, ma dagli effetti del continuo degrado dei terreni coltivati. Le forme regressive di utilizzazione del suolo e gli abbandoni hanno lasciato molto spazio all’inselvatichimento con un aumento di animali selvatici di anno in anno più evidente. Forse per questo motivo l’anonimo proprietario ha ripreso l’abitudine di intrecciare vegetazione e integrare la difesa dei varchi con la costruzione di graticci in rami ricavati dalla potatura. Non si tratta più di costruire una difesa alle greggi che rientrano in paese la sera dopo una giornata passata a pascolare sulle terre pubbliche, ma di preservare i coltivi dalla voracità di caprioli e cinghiali ormai popolano anche gli spazi dei margini urbani.
Nel perpetrare queste tecniche l’agricoltore tramanda una tradizione, almeno medievale, di appropriazione del suolo con una architettura vivente testimoniata da queste poche foto.

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