sabato 14 aprile 2012

Icone, iconemi e fondali paesaggistici Inizia la nuova stagione di Scarpe&Cervello 2012


Scarpe & Cervello 2012

Icone, iconemi e fondali paesaggistici





Domenica 22 aprile
La visione della montagna vista dalla pianura del Tagliamento
Ritrovo ore 9,00 in piazza a San Vito al Tagliamento

Percorso
L’escursione inizierà a San Vito al Tagliamento, nei pressi della chiesa dei Battuti, e si snoderà lungo l’alta pianura fino a Valvasone.
Tempo di percorrenza: 7 ore
Grado di difficoltà: nessuno, attrezzatura da trek, stagione consigliata primavera o autunno, si percorrono molte strade campestri e si attraversano alcuni centri urbani
Motivazioni per la scelta dell’itinerario
La grande pianura alluvionale friulana ha sempre dialogato in termini paesaggistici con la corona delle montagne che la chiude, in modo tanto secco, a monte. Soprattutto in provincia di Pordenone la montagna precipita con pendii molto ripidi da cime che superano i 2.000 metri e che hanno un carattere dolomitico, come il M. Cavallo e il M. Raut. Il “muro” di montagne ha sempre influenzato la percezione dello spazio nelle comunità di pianura e non è un caso che questo profilo compaia in tanti dipinti prodotti soprattutto nel XVI secolo. Per esempio, questa attenzione alla corona delle montagne viste da una lontana pianura è molto evidente nella pittura del sanvitese Pomponio Amalteo, ma anche in alcune opere del suocero, il Pordenone. La questione diventa ancora più intrigante se consideriamo alcuni artisti moderni come i sanvitesi Virgilio Tramontin e Federico De Rocco, che hanno spesso rappresentato i lontani rilievi visibili dalla loro terra. A differenza del ruolo realistico che il paesaggio ha nell’opera pittorica di Cima da Conegliano nella pittura dei sanvitesi i monti restano quasi indefiniti, come avvolti nella foschia che molto spesso scioglie e diaframma il confine con la pianura. Per l’Amalteo e il Pordenone la ricostruzione del paesaggio non è esatta, è in realtà un fondale solo abbozzato, esattamente come durante certe giornate fosche e umide, nel quale ambientare l’arrivo di improbabili Magi, o altre scene mitiche.
L’ambiente alpino percepito attraverso il filtro della distanza non viene rappresentato con un atteggiamento razionalista, e ciò che appare è un ambiente lontano nel quale le forme sfumano e si deformano dando vita a un paesaggio fantastico. Il profilo della montagna è un fondale teatrale sul quale l’uomo dipinto da De Rocco nella Casa del Mutilato di San Vito si staglia, assumendo il carattere del protagonista.
Descrizione del percorso
Il percorso parte dal centro di San Vito al Tagliamento, e precisamente dagli affreschi del presbiterio della Chiesa dei Battuti dipinta da Pomponio Amalteo. In questi dipinti l’attenzione dell’artista per il paesaggio è evidente. Il bambino nasce non in una grotta ma sotto un ricovero in legno, come quelli che nel Cinquecento popolavano i villaggi della pianura. Per contro, le montagne lontanissime definiscono un limite oltre il quale stanno terre sconosciute; ed è proprio da lì che arrivano i Magi sugli esotici cammelli. Il fondale della catena dei monti segna una soglia tra il conosciuto e l’esotico. A parte i Magi nel dipinto si rintracciano tutti gli oggetti d’uso dell’abitare tipici della pianura pordenonese nel ‘500.
In questa chiesetta ci soffermeremo anche a guardare alcune stampe del Tramontin che descrivono con puntuale precisione il paesaggio novecentesco della campagna sanvitese. Le vigne, in modo particolare, assumono un carattere scultoreo che viene esaltato, nella rigidità delle forme, dal contrasto con le naturali forme delle lontane Prealpi Carniche. Uscendo dalla chiesa raggiungeremo la vicina Casa del Mutilato dove vedremo un’importante opera parietale di De Rocco. Dalla piazza di San Vito raggiungeremo l’abitato di Prodolone, ancora segnato nel suo impianto urbanistico dalle rovine del castello feudale e dalla chiesa parrocchiale.
Raggiungeremo quindi la chiesetta della Beata Vergine delle Grazie, situata poco lontano, dove Pomponio Amalteo mise mano a un’altra grande composizione su parete. Ancora una volta l’immagine dell’arrivo dei Magi alla umile capanna del bimbo è delimitata dallo sfondo delle Prealpi Carniche, mentre nel ciclo della nascita e della giovinezza di Maria l’incontro con l’angelo avviene in campo aperto, poco fuori le mura di una città che potrebbe richiamare San Vito. Sullo sfondo, a destra, si intravvedono dolci rilievi e una montagna aguzza e rocciosa.
Da qui inizieremo una lunga camminata che ci permetterà di percepire le trasformazioni di lungo periodo che si sono sviluppate nella pianura a cavallo delle risorgive. Per cominciare si noterà la scomparsa delle praterie aride, un tempo usate per il pascolo o la fienagione, e il progressivo sviluppo delle moderne forme della coltura vitivinicola che testimoniano il successo imprenditoriale dei vini della Delizia. In questo settore della pianura asciutta, ma percorsa dai primi rivoli di risorgiva, la tessitura degli appoderamenti è fitta. I segni delle pratiche tradizionali sono alquanto ridotti, mentre prevale il paesaggio gestito con mezzi meccanici e governato da processi esogeni all’antico villaggio.
Il contesto ambientale si complica in occasione dell’arrivo a Casarsa perché la campagna inizia a mostrare oggetti speciali, come le caserme, e infrastrutture moderne come la ferrovia. Raggiungeremo, nella periferia del paese, la chiesa di Santa Croce dove visteremo il terzo ciclo pittorico di Pomponio Amalteo, che affiancò il suocero Pordenone nell’opera cogliendone ancora una volta il senso delle ambientazioni. A differenza dei due precedenti cicli l’ambientazione qui si complica. Una scena si svolge in ambiente pedemontano e a questa si somma una bellissima visione urbana di ispirazione pordenonese.
Oggi Casarsa è un paese espanso e dilatato lungo la direttrice ottocentesca della Pontebbana. Attraverseremo questo “disordine urbano” cogliendo tutti i motivi dello schizofrenico ambiente contemporaneo. Superate le ultime urbanizzazioni ci inoltreremo quindi nella campagna dell’alta pianura, un tempo caratterizzata da prati magredili e oggi invece interessata da agricoltura intensiva a seminativi o vigne attrezzate recentemente per la raccolta meccanica.
Raggiungeremo lentamente Valvasone da Sud, quindi da una speciale prospettiva che ancora oggi segna un brusco stacco tra i territori aperti e la densa città medievale. Un margine urbano, una volta tanto, non segnato dalla dispersione insediativa. Percorreremo le vie della cittadina diretti al quattrocentesco duomo che conserva uno dei più straordinari organi cinquecenteschi d’Italia. Lo strumento, di per sé di grande valore, presenta un particolare interesse per il nostro itinerario soprattutto perché esso è decorato con alcuni interessanti dipinti del Pordenone e dell’Amalteo. In modo particolare alcuni pannelli della balconata dipinti da Pomponio mostrano ancora una volta ampie prospettive della pianura verso i monti. Anche nella composizione realizzata dal suocero per l’episodio della caduta della manna dal cielo la decisione di collocare la scena sul fondale di una distesa pianura che finisce contro un versante montuoso sembra di riconoscere il tema pittorico che ci guiderà per tutta l’escursione, che intende risalire una campagna in costante fase di ridisegno e modernizzazione. L’ambiente cambia mentre le comunità locali continuano a percepire il loro territorio nei limiti di questi ampi confini prospettici segnati dalle Prealpi Carniche.
Traccia del percorso su mappa

Bibliografia utile
Giovanni Ellerani, Pomponio Amalteo e gli affreschi di S: Maria delle Grazie di Prodolone in San Vito al Tagliamento, San Vito al Tagliamento, Ellerani, 1970
Pomponio Amalteo: pictor Sancti Viti, 1505-1588, a cura di Caterina Furlan e Paolo Casadio, Milano, Skira, 2006
Caterina Furlan, Il Pordenone, Milano, Electa, 1988
Per partecipare
La passeggiata si svilupperà in pianura, quindi è sufficiente avere delle scarpe da ginnastica. Allo stesso tempo vi preghiamo di considerare che con il terreno bagnato le stradine di campagna che percorreremo saranno ricche di fango.
Il ritrovo è previsto in piazza a San Vito al Tagliamento, mentre l’area limitrofa al centro è ricca di parcheggi. Dopo la visita alle opere sanvitesi prenderemo nuovamente le auto per raggiungere la piazza di Prodolone ed evitare un pezzo di dispersione urbana privo di speciale carattere.
L’escursione prevede una camminata lenta di circa sette ore priva di difficoltà. Chi viene con i figli è pregato di prestare a loro le dovute attenzioni.
Vi raccomandiamo un abbigliamento conforme alla stagione variabile soprattutto in considerazione delle previsioni del tempo.
Per i problemi finanziari dell’associazione le escursioni di Scarpe & Cervello non saranno più gratuite, ma sottoposte a una quota di rimborso spese per compensare i costi organizzativi. I non iscritti pagheranno 5 euro mentre gli iscritti 3. Per i bambini rimane tutto gratuito.
Numero massimo di adesioni: cinquanta con obbligo di prenotazione.
Per informazioni e prenotazioni:
Moreno Baccichet: 043476381, oppure 3408645094, bccmrn@unife.it
Legambiente del Friuli Venezia Giulia: 0432 295483, info@legambientefvg.it,
Informazioni aggiornate saranno inserite nel sito dell’associazione: www.legambientefvg.it e www.scarpecervello.blogspot.it

Paesaggi e mappe mentali,

la nuova campagna di Scarpe & Cervello 2012

Per il 2012 abbiamo deciso di indagare i paesaggi regionali utilizzando oltre alle normali cartografie più o meno storiche che usiamo, anche altri ausili iconografici che nel tempo hanno sedimentato una speciale immagine del territorio.
E’, infatti, nostra abitudine frequentare i luoghi con l’ausilio di strumenti cartografici che di volta in volta mostrano aspetti parziali del territorio e delle sue forme (carte geomorfologiche, storiche, topografiche, ecc). Ciascuna di queste carte è un’idea del luogo prodotta dall’estensore del prodotto cartografico sulla base dei suoi interessi e della sua capacità di conoscere e dar forma al territorio attraverso il processo di rappresentazione.
La nuova campagna di Scarpe & Cervello vuole invece indagare il rapporto che intercorre tra l’immagine pittorica o filmica di un ambiente nel momento in cui la stessa diventa espressione storicizzabile di un’idea di paesaggio. La rappresentazione dei luoghi, anche attraverso la fotografia, esprime alcuni dei caratteri paesaggistici con altrettanta parzialità e allo stesso tempo diventa una testimonianza del passato, un reperto iconografico. In modo non diverso vorremmo individuare una serie di iconemi che testimoniano la formazione di un’idea di paesaggio diffusa nella società.
Per le escursioni del 2012 abbiamo deciso di esplorare luoghi descritti da registi, pittori e fotografi per rendere ancor più evidente il salto che esiste tra un paesaggio reale e in continua trasformazione e quello ideale della ripresa. Ci interessa indagare come le arti pittoriche e no siano riuscite descrivere i cambiamenti della società e del fondale paesaggistico regionale.
La nuova campagna regionale avrà per titolo Icone, iconemi e fondali paesaggistici e vuole mostrare otto territori regionali contemporaneamente alla descrizione fornita da pittori e artisti.
Icone, Iconemi e fondali paesaggistici
Da sempre il paesaggio è oggetto di rappresentazioni e non è un caso che lo storico volume di Emilio Sereni, pubblicato 50 anni fa (Storia del paesaggio agrario italiano, 1961), si proponesse di ricostruire la storia delle forme del territorio partendo proprio dall’abbondante iconografia depositata nel nostro patrimonio artistico.
Quei dipinti interpretati permettevano di cogliere il valore ideologico della rappresentazione. L’ambiente più o meno umanizzato assumeva un ruolo importante a volte come componente attiva del quadro, altre volte come fondale. L’ambiente selvaggio del medioevo e la regola produttiva dei reticoli delle colonizzazioni agrarie postrinascimentali, il ruolo delle nuove infrastrutture nel paesaggio dell’800 o i castelli medievali nei fondali di Cima da Conegliano, esprimevano il valore di luoghi che venivano assunti a un ruolo ideale.
Oggi quelle interpretazioni pittoriche ci stupiscono per le possibilità che ci danno nel confrontare il paesaggio antico (attraverso l’icona) con quello attuale, permettendoci così di confrontare allo stesso tempo le mutate pratiche territoriali. Ma le icone paesaggistiche nell’epoca della modernità sono molto cambiate e si sono evolute. La fotografia e il cinema hanno fissato i luoghi nella loro trasformazione permettendoci analisi di confronto capaci di una maggiore definizione. Confrontare una vecchia foto che mostra il Carso triestino glabro e ricco di animali al pascolo con l’attuale copertura di vegetazione più o meno spontanea, assume uno speciale significato scientifico nella lettura delle trasformazioni territoriali e della società che le produce. Non bastasse, la fotografia, più che la pittura, ha permesso la costruzione e la diffusione di alcuni stereotipi paesaggistici che sono dei veri iconemi, cioè “unità elementari di percezione di carattere iconico, collocabili all’interno di un sistema di segni in grado di raffigurare un concetto territoriale e simbolico” (Turri[1]). Senza dubbio la produzione iconica attivata dalla fine dell’800 per rappresentare il castello di Miramare ha contribuito a rinforzare una speciale idea del paesaggio dell’alto Adriatico e la residenza e il parco di Massimiliano, nella loro straordinarietà, sono diventati un iconema di un territorio, quello del flysch triestino, che negli ultimi decenni si è evoluto verso un ambiente pseudoselvatico.
Per alcuni gli iconemi sono delle marche paesaggistiche capaci di evocare disegni territoriali più ampi. Per esempio nell’ultimo secolo l’immagine del Campanile di Val Montanaia a Cimolais è diventato un iconema delle dolomiti friulane. L’immagine richiama alla memoria le cime più dure delle dolomie prive di colonizzazioni vegetali. Pur essendo un oggetto straordinario/primario, capace di sintetizzare una idea dei luoghi, l’iconema è di per se spettacolare. L’iconema può essere un elemento del paesaggio che per la sua rilevante carica simbolica, o la frequenza con la quale si presenta, riesce a caratterizzare un territorio anche ampio. Per esempio, le chiese su colle della Valle del But, o le case coloniche della mezzadria toscana, poste sopra dossi appena accennati, le ville venete della Riviera del Brenta, sono un carattere unico di uno specifico territorio. Sono immagini che riescono a rappresentare un concetto territoriale e simbolico più ampio.
Per fondali paesaggistici, nella ricerca di Scarpe & Cervello 2012, intendiamo l’uso di un contesto paesaggistico nelle riprese di un film in cui l’immagine del territorio e della sua componente paesaggistica, sia stata usato in modo determinante nel racconto filmico. Il paesaggio può essere a secondo dei casi un fondale neutro sul quale dirigere scene che hanno un sapore decontestualizzato, oppure ha il ruolo di costruire il racconto in una sintonia diretta con i fatti e gli uomini che compongono la scena. Il fondale può essere parte della storia, oppure un muto spettatore della stessa.



[1] “Con il termine iconema si definiscono quelle unità elementari di percezione, quei quadri particolari di riferimento sui quali costruiamo la nostra immagine di un paese. […] È la cultura che li ha individua­ti, ci ha insegnato a coglierli, a indicarli come riferimenti del nostro guardare”. EUGENIO TURRI, Semio­logia del paesaggio italiano, Longanesi, Milano 1990.

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