venerdì 29 luglio 2011

Il recupero dei paesaggi: il CAI segna il sentiero di San Daniele di Barcis

Qualche volta le cose che proponiamo ricevono attenzione e alla lunga qualcuno le realizza con noi. Nel 2009 avevamo organizzato una escursione dedicata a uno speciale sentiero alpino in comune di Barcis. Un sentiero che seguiva il tracciato percorso annualmente da una processione bassomedievale che dal paese del fondovalle saliva alla chiesa di San Daniele. Lo scorso anno avevamo anche pubblicato nel primo quaderno di Scarpe & Cervello alcune note che rendevano esplicito il tema del confine devozionale che passava sul crinale del colle di San Daniele e del Col del Lovo.
Ora il CAI ha segnato la vecchia via processionale e ha ripubblicato il mio saggio su quell'itinerario. Lo si può semplicemente scaricare a questo indirizzo:
Buona lettura

Paesaggi artificiali e resilienze ambientali a Piancavallo




Domenica 31 luglio
Paesaggi artificiali e resilienze ambientali a Piancavallo
Ore 9,30 di fronte agli impianti di trasmissione tele radiofonica in località Castaldia.

Le stazioni sciistiche e i villaggi turistici legati alle stesse hanno uno speciale modo di organizzare gli spazi esterni all’abitato che, seppure non coltivati, si estendono su vaste superfici attrezzate. Oltre al villaggio artificiale una serie di oggetti e strutture funzionali alla gestione degli impianti sciistici finiscono necessariamente per riversarsi sulle pendici costruendo un paesaggi ibrido e moderno allo stesso tempo. Con questa escursione visiteremo i diversi settori della località turistica, i suoi impianti e poi i paesaggi antichi ancora conservati e mantenuti.


I motivi

Gli insediamenti turistici sorti in regione negli anni 60-70 in modo autonomo, e a volte in antagonismo con gli insediamenti storici, non sono poi molti. L’esempio udinese di Sella Nevea e quello pordenonese di Piancavallo hanno in fin dei conti una storia simile. In entrambi i casi i villaggi estivi sono sorti sul luogo di frequentazioni temporanee per lo sfruttamento dei pascoli da parte delle comunità locali. In entrambi i casi l’interesse di chi frequentava la montagna per studio o per piacere fece sorgere qui dei rifugi alpini come base di appoggio per più impegnative escursioni montane. In entrambi i casi queste piccole attrezzature per il turismo furono l’elemento di partenza per sviluppare il progetto novecentesco di due villaggi turistici di moderna concezione.
A Piancavallo l’elemento generatore del nuovo insediamento fu la frequentazione che gli abitanti di Pordenone hanno del pianoro che ospitava l’originario rifugio alpino. All’inizio del ‘900 Piancavallo diventò famoso nel pordenonese per essere una montagna innevata facilmente raggiungibile dalla pianura.
Non è un caso che tutto lo sviluppo successivo della stazione sia stato curato da imprenditori di pianura e non da appartenenti della comunità locale di Aviano. A testimoniare questa modalità di attrezzatura funzionale alla città, che nel 1968 diventava capoluogo di provincia, è anche il modello della prima colonizzazione dell’insediamento, pensato come una sorta di periferia a bassa densità. La lottizzazione di Col Alto e quella di Busa delle Villotte nascono molto prima dei grandi condomini di appartamenti e si propongono, alla stregua delle lottizzazioni di Lignano, come un nuovo modello di abitare i luoghi attraverso seconde case del tutto simili a quelle delle periferie suburbane. Case che si appoggiano a reti stradali di distribuzione inventate ex-novo alle quali si appoggiano lotti relativamente grandi all’interno dei quali sarà possibile costruire edifici mono e bifamiliari.
Solo in un secondo tempo cambierà l’offerta di alloggi con la proposta di appartamenti in strutture plurifamiliari del tutto simili a quelle che venivano costruite in città dagli stessi speculatori edilizi. Cambiava sul finire degli anni ’70, l’impiego di tipologie edilizie a bassa densità a favore di forme paesaggisticamente ancor più speculative con edifici alti anche 6-7 piani su lotti relativamente piccoli. Si formava così un effetto urbano assolutamente estraneo all’ambito alpino degli insediamenti temporanei o permanenti. Un “effetto città” non sappiamo quanto consapevole. Da quel momento la città e il paesaggio delle malghe vivono fianco a fianco, ma, mentre l’allevamento è in crisi, il prodotto della speculazione edilizia continua a riversare sul mercato nuovi e anonimi alloggi per una categoria di acquirenti locali desiderosi di una seconda casa.
Ma la seconda casa a cosa serve? Nella tradizione Piancavallo ha sempre cercato di promuoversi come una stazione alpina legata ad una offerta turistica invernale e questo è sempre stato il suo limite. Il turismo della neve necessità di un importante sistema di attrezzature che con l’andare del tempo hanno contribuito al fallimento di più di una azienda di gestione per cui da molti anni ormai i costi del deficit di Pincavallo sono pagati dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Non bastasse, questa falsa città non è in grado di auto sostenere i suoi servizi (farmacia, arredo urbano, smaltimento dei rifiuti, ecc.) e grava pesantemente sul bilancio comunale di Aviano per qualsiasi opera di manutenzione e gestione ordinaria. Insomma, è una frazione “fantasma” del comune, con pochissimi residenti, ma pesa sulle casse del comune più di uno dei villaggi storici.
Strutture, servizi, piani di manutenzione ecc. sono pagati dalla comunità tutta per dare la sensazione ai nuovi proprietari di vivere in un ambiente non diverso dalla città.
In pratica si è costruito un territorio che “consuma” risorse come la città senza essere in grado di produrre nulla. Il carosello bianco è in compenso un elemento difficile da marginare nel suo tentacolare istinto di trasformare gli spazi limitrofi ai territori costruiti. Le piste da sci, con la loro necessità di avere pendenze e forme regolari hanno livellato in paesaggio dei pascoli e dei boschi determinando una artificializzazione degli spazi prossimi a questa sorta di città alpina così forte da deprimere quei valori del paesaggio tradizionale che potevano essere una risorsa per il turismo estivo.


I luoghi
L’escursione partirà dalla Castaldia, uno dei pochi territori del versante alpino che dal medioevo era una proprietà privata indisponibile dagli abitanti di Aviano che invece usavano in modo solidale tutto il resto della montagna. A Castaldia, orlo dell’altipiano pastorale che anticipa il Piancavallo, negli ultimi trent’anni si è venuto costruendo, in modo assolutamente spontaneo, un complesso di sistemi di trasmissione radiotelevisiva che hanno alimentato la storia della radiocomunicazione della pianura pordenonese. Da questa foresta di antenne inizieremo l’escursione per poi raggiungere le praterie del Col Alto lungo la prima strada che permetteva l’accesso alla stazione sciistica.
Qui potremo osservare il paesaggio originario delle praterie artificiali in fase di riduzione per lo scarso utilizzo dei pascoli.
Raggiungeremo la lottizzazione di Col Alto visitandola nel dettaglio per poi attraversare il piano infrastrutturato della località e cogliendo le diverse volontà paesaggistiche espresse dagli interventi e gli impatti creati dalle ultime strutture sciistiche.
Saliremo poi lungo il sentiero del Sauc fino a raggiungere la panoramica vetta del Col Cornier, una balconata che permette di abbracciare con lo sguardo il Carso triestino e le Dolomiti bellunesi. Da questa balconata potremo vedere con maggiore attenzione gli spazi di qualità paesaggistica e le manomissioni delle piste da sci che salgono al Tremol2 in Val dei Sas.
Questo è un luogo dove dal 1989 Legambiente e le altre associazioni ambientaliste svolgono una battaglia per fermare gli impianti sciistici che vogliono estendere i loro tentacoli fino ad arrivare in Veneto.
All’Antro delle Mate, se faremo in tempo, raggiungeremo alcuni amici che hanno organizzato un piccolo concerto alpino, dopo di che si scenderà a Piancavallo lungo le piste da sci per renderci conto delle difficoltà che ci sono nel pensare di recuperare spazi così trasformati per una attività tanto specialistica.


Per partecipare
La passeggiata si svilupperà in ambiente montano e sono quindi obbligatorie le scarpe da montagna.
A Piancavallo si arriva risalendo la strada da Aviano (diffuse segnalazioni). Prima di giungere nella località sciistica sulla destra, alla fine di una ripida salita e dopo l’ultimo tornante, troverete la tabella della località Castaldia. Pigliate la piccola strada a destra che conduce all’altopiano pastorale e fermatevi poco più avanti nei pressi delle alte antenne di trasmissione che dovreste aver visto anche salendo da Aviano.
L’escursione prevede una camminata lenta di circa sette ore in ambiente alpino e un dislivello complessivo di circa 700 metri, seppure si tratti di un percorso molto facile.
Sono sufficienti scarpe da montagna comode e un abbigliamento conforme alla stagione variabile.

Per i problemi finanziari dell’associazione le escursioni di Scarpe & Cervello non saranno più gratuite, ma sottoposte a una quota di adesione per compensare i costi organizzativi. I non iscritti pagheranno 5 euro mentre gli iscritti 3. Per i bambini rimane tutto gratuito.

Numero massimo di adesioni: cinquanta con obbligo di prenotazione.


Per informazioni e prenotazioni:
Moreno Baccichet: 043476381, oppure 3408645094, bccmrn@unife.it
Legambiente del Friuli Venezia Giulia: 0432 295483, info@legambientefvg.it,
Informazioni aggiornate saranno inserite nel sito dell’associazione: http://www.legambientefvg.it/ e http://www.scarpecervello.blogspot.it/

domenica 24 luglio 2011

Uccidere i luoghi. Monumenti e città dopo la guerra civile della Bosnia


La moschea in legno di Busim visitata durante il viaggio del 2008
L'escursione che Scarpe & Cervello organizza anche quest'anno sui beni culturali dei Balcani e specialmente sull'Erzegovina è centrata soprattutto sul tema della distruzione dei luoghi identitari e su come sta cambiando la geografia culturale e non solo etnica della Bosnia.

Qui di seguito i volontari che parteciperanno al viaggio potranno scaricare un po' di bibliografia selezionata per il viaggio.

SALVALARTE 2011 IN ERZEGOVINA
Un osservatorio sui beni culturali dei Balcani
11-18 agosto
Come ogni anno anche nel 2011 metteremo mano a una ricerca sui beni culturali dei territorio della ex Jugoslavia. Per la quarta volta torneremo in Bosnia per visitare altri luoghi interessati da progetti virtuosi di recupero dei beni culturali massacrati dalla guerra del 1992-1995. Quest’anno ci muoveremo nei territori del sud-ovest della Bosnia visitando le terre che fanno riferimento alle città di Livno, Mostar e Trebinije, in sostanza l’Erzegovina.
Alcuni anni fa (2003) abbiamo collaborato con Legambiente del Veneto per realizzare la prima iniziativa della campagna di Salvalarte in territorio straniero. Per dimostrare la necessità di giocare a tutto campo le carte del patrimonio culturale come elemento di unificazione e di identità della nuova Europa avevamo deciso di andare in un luogo importante da un punto di vista simbolico: la regione serba della Voivodina. Lì il Danubio per secoli è stato un confine culturale di straordinaria forza.
Sul Danubio si era fermata la cavalcata delle armate cristiane che avevano vinto la battaglia di Vienna cogliendo la debolezza ottomana in area ungherese. Sulla collina della Pace, che abbiamo visitato, i nuovi trattati tra le grandi potenze avevano ridisegnato le aree di influenza dei regni di vinti e vincitori. Lungo le aree degli affluenti meridionali del grande fiume si snodavano le terre di confine, spazi instabili occupati da etnie diverse, tra il tentativo del popolo convertito all’islam di rimanere ancorato ai luoghi e l’azione di colonizzazione programmata e progettata dall’Austria con una determinazione che può far impallidire i teorici delle colonie ebraiche in Palestina.
Se nell'area di Novi Sad e di Pancevo si pervenne a un assetto territoriale del tutto nuovo, nel quale il sistema dei conventi di Fruska Gora era uno dei pochi segni di continuità, le aree di influenza ottomana mantennero maggiormente i loro caratteri paesaggistici e insediativi. E’ comunque tra la fine del XVII sec. e quella del XIX che il Transdanubio ungherese, il Bannato e la Bosnia assumono gli incerti caratteri etnici e religiosi che oggi gli riconosciamo. Incertezza che ha segnato il passato prossimo di queste terre producendo quei conflitti etnici e religiosi che hanno avuto il loro apice durante il secondo conflitto mondiale e nella guerra civile degli anni novanta del secolo scorso.
In occasione della Pasqua del 2004 abbiamo replicato l'iniziativa promuovendo un'azione di turismo sostenibile in un'area particolare della Bosnia, quella che fa riferimento alla cittadina di Bihac. Si tratta di un'area importante più dal punto di vista ambientale che sul fronte delle testimonianze artistiche del passato. Infatti, in questo settore, soprattutto la seconda guerra mondiale ha distrutto interi villaggi e promosso una ricostruzione su grande scala. In quest'area abitata da musulmani, serbi e croati le testimonianze del passato più che essere riconducibili alla "grande" storia sono segni minuti della colonizzazione croata e islamica. Se escludiamo le particolarissime fortezze croate e ottomane e qualche testimonianza dei segni della religiosità ortodossa e islamica, il recupero del patrimonio culturale dei luoghi dovrà trovare il suo baricentro soprattutto sulle testimonianze antropologiche legate alle pratiche della cultura materiale. Mulini, fienili, luoghi del lavoro e soprattutto un paesaggio agrario, quello della valle della Una, che conserva ancora i caratteri dell'assetto ristrutturato dai sultani in quest'area nel '500.
Per il 2005 abbiamo organizzato un viaggio di studio nel settore centrale della Bosnia e un soggiorno a Sarajevo. L'obiettivo, ancora una volta, era quello di saggiare gli effetti della politica culturale della Bosnia dopo la legge del 2002 e il restauro dei principali monumenti artistici della giovane federazione divisa territorialmente nelle due repubbliche etniche e religiose.
Nel 2007 l’attenzione si è spostata sulla Slovenia nel tentativo di ricostruire un tratto dell’itinerario che collegava l’Europa ai Balcani. Un tratto molto particolare, quello del fiume Krka, che corrisponde a una valle poco incisa che per secoli fu la principale via di collegamento tra la grande pianura Pannonica, attraverso la Slavonia e Zagabria, e l’ambito Lubianese e quindi l’Italia.
Lungo questa comoda strada di collegamento si era consolidato un fenomeno di diffuso incastellamento, di matrice tedesca, centrato su una riorganizzazione militare del territorio che teneva conto di una estesa parcellizzazione dei poteri. Da un altro punto di vista, una serie di ordini monastici si insediò in questo settore costruendo abbazie e tenute agricole di impianto medievale. Per contro, in questo settore non ci furono esperienze urbane legate ai liberi comuni (come del resto in Friuli), tanto che la principale città della Krka si chiama Novo Mesto (città nuova) e fu fondata solo a metà del XIV secolo.
Nel 2008 siamo tornati in Bosnia nel tentativo di completare la ricerca iniziata nel 2005 con il viaggio nel settore centrale di questo nuovo stato. L’intenzione è quella di visitare e catalogare tutti i beni culturali censiti dalla Commissione per la protezione dei monumenti per poi schedarli cogliendo gli effetti positivi e negativi della nuova politica culturale. L’area oggetto dell’indagine fu quella della zona di Bihac, il settore nord occidentale dello stato, l’ultima area conquistata dagli ottomani ai danni di croati e austriaci.
Nel 2009 Siamo andati a visitare le terre nuove della Voivodina serba per comprendere lo stato di conservazione di un territorio progettato e costruito verso la metà del XVIII secolo quando gli Asburgo acquisirono dagli ottomani il Banato e distrussero tutte le forme delle precedenti organizzazioni territoriali.
L’anno scorso, invece, siamo tornati in Slovenia, a Idrja per visitare lo straordinario sistema museale territoriale dell’abbandonata miniera di mercurio.
Il nuovo viaggio
Per il 2011 abbiamo pensato di visitare nel dettaglio un’altra delle regioni dei Balcani, la martoriata Erzegovina. Il luogo dove verso la metà dell’800 scoppiarono le prime feroci rivolte anti turche. I luoghi della colonizzazione religiosa prodotta dalle comunità cattoliche della costa e quelle serbo ortodosse del sud. I luoghi dove si materializza una volontà di riconoscimento religioso dei territori capace di evocare visioni mariane. Si tratta di uno dei luoghi della Bosnia che più hanno sofferto il conflitto e le difficoltà di un restauro territoriale.
Culturalmente qui si incontrano le diverse etnie (croata, serba e bosniaca) e le corrispondenti religioni (cattolica, ortodossa e islamica) con i relativi edifici sacri.
Non solo gli uomini ma anche gli edifici religiosi hanno fatto le spese della rabbiosa guerra civile e molti luoghi di preghiera oggi non esistono più. Visiteremo quelli sopravvissuti e anche il complesso e stratificato patrimonio insediativo.
Sarà quindi un viaggio di studio teso a raccogliere materiale, a creare contatti con enti ed associazioni, utile per verificare, su un settore piccolo ed estraneo al turismo di massa la possibilità di innestare nuovi flussi virtuosi di europei. Anche per questo ci sarà, per così dire, un'organizzazione da "work in progress" con un numero ristretto di persone motivate. Veniamo proprio a questa questione: abbiamo deciso di andare in Bosnia con due minibus a nove posti, alla guida dei quali si alterneranno i partecipanti. In complesso saremo un piccolo drappello (18 persone) molto veloce e in grado di scansare i tempi lunghi che un gruppo folto e numeroso si trascina dietro. Saremo così in grado di fermarci a mangiare dove vorremmo, senza la necessità di prenotare dall'Italia, e più rapidi in ogni attività di visita e di esplorazione.
Durante il viaggio visiteremo anche alcune esperienze di turismo responsabile che stanno sorgendo in Erzegovina nell’altopiano di Velez e a Pocitelj. Cercheremo di visitare il maggior numero possibile dei monumenti che la Commissione Nazionale per la Conservazione dei Monumenti della Bosnia ha vincolato e verificheremo l’effetto dei restauri finanziati per lo più dall’unione europea.
Infatti, il ruolo che gli accordi di Dayton affidano ai monumenti nazionali interessa il valore identitario dei luoghi più ancora del reale valore artistico degli edifici.
La lista che trovate qui sotto commentata dalle immaggini corrispondenti è lunghissima e per certo dovremo operare una selezione anche perché non sempre sarà facile rintracciare i luoghi. Quindi rispetto a un viaggio di turismo culturale normale avremo ritmi più discontinui e le incognite di qualsiasi ricerca.
I partecipanti saranno tenuti a collaborare alla restituzione delle schede dei monumenti verificando i testi che prepareremo prima della partenza e partecipando alla campagna fotografica dalla quale vorremo far scaturire una mostra.
Il viaggio ci permetterà anche di ragionare sull'ipotesi di applicazione di modelli progettuali per il recupero dei luoghi che hanno un certo successo nel resto d'Europa: ecomusei, parchi archeologici, parchi letterari, ecc..

Ecco di seguito, in forma di appunti il programma di viaggio.

11 agosto
Pordenone - Livno
Partenza la mattina da Pordenone (ore 8.00 di fronte alla stazione).
Transiteremo per Fiume e lungo l’autostrada della Dalmazia. Non distanti da Spalato entreremo in Erzegovina per raggiungere il capoluogo di Contea Livno.

12 agosto
Visita a Livno e Glamoc
Dopo essserci riposati avremo una intera giornata per visitare Livno e la sua speciale valle. Da qui raggiungeremo anche il prezioso castello di Glamoc all’interno di una delle strette valli che conducono all’interno dell’ambiente alpino dinarico. Se ci sarà tempo visiteremo anche la valle pensile di Kupres famosa per l’allevamento brado dei cavalli un tempo destinati agli incursori che dalla Bosnia arrivavano in Friuli.
Beni culturali da visitare:
  • La moschea Balagija (Balaguša)
  • La moschea Beglučka
  • Il Monastero francescano Gorica
  • La moschea Bušatlijina)
  • Il ponte turco di Dumanu
  • La casa torre di Pirijina (Smailagić)
  • La fortezza preistorica di Vidos
  • Chiesa serbo-ortodossa di S. Maria Assunta
  • Il castello di Livno
  • La Zavra džamija,
  • Il forte di Glamoc

13 agosto
Verso Blagaj
Si tratta di una tappa di trasferimento verso la valle della Nerevta che ci permetterà di comprendere i diversi ambienti geografici dell’Erzegovina abbandonando le ampie vallate sovralluvionate per affrontare i grandi massicci di calcare poroso che caratterizzano l’area.
Durante il viaggio visiteremo anche uno dei pochi parchi naturali della Bosnia, quello del lago di Blidinje. Raggiungeremo poi il monastero che a partire dalla prima metà dell’800 ha promosso una vera e propria colonizzazione cattolica in tutta l’area partendo da Siroki Brijeg fino ad arrivare alle visioni di Madjugorie che visiteremo per comprendere meglio il ruolo sociale che questo fenomeno ha nel movimento pan cattolico balcanico.
  • Il lago di BusKo Blato
  • La moschea della Carsija a Tomislavgrad
  • Il parco e il lago di Blidinje
  • La necropoli bogomila di Donje Bare a Posusje
  • Il Monastero fracescano di Siroki Brijeg
  • Madjugorie
  • Il centro storico di Blagaj
  • La cinquecentesca moschea del Solimano
  • Il bagno turco (Hamman)
  • Il ponte turco
  • La chiesa cattolica della Santissima Trinità
  • Le case Kolacovic
  • Le case Velagic
  • Il Castello
  • La tekkia dei dervisci e le sorgenti della Buna
  • La grotta verde

14 agosto
I dintorni di Blagaj, l’altopiano di Velez e la città di Stolac
La terza giornata di visite sarà molto intensa. Alla mattina prenderemo le misure di Nevesinje dove sono stati cancellati tutti gli edifici di confessione cattolica e islamica. Ad ora di pranzo ci dirigeremo verso l’altipiano di Velez per essere ospitati da un primo progetto di turismo in Bosnia basato su un sistema di fattorie, una sorta di albergo diffuso organizzato da tre comunità e da famiglie di diverse confessioni. Poi andremo a visitare la vicina cittadina di Stolac per tornare a cena in uno dei famosi ristoranti di pesce posti lungo la sorgente del Buna.
  • A Nevesine visiteremo il piccolo centro cittadino
  • Il sito dove stava la chiesa cattolica dell’Assunzione
  • La chiesa ortodossa dell’ascensione di Cristo
  • Il sito della moschea Dugalic
  • I resti della moschea Haiij
  • La moschea Sinan
  • I resti della moschea di Telebic
  • I resti della moschea del sultano
  • La necropoli di Kalufi
  • La necropoli di Rajkov
  • L’altipiano di Velez
Ci trasferiremo poi nella vicina città di Stolac per visitare una delle città più importanti dell’Erzegovina e tra le più martoriate dalla guerra
  • Il castello di Stolac
  • I resti della casaforte Turkovici
  • I resti della moschea del capitano Ismail Saric
  • Le case Zejna Elezovic
  • Il sito della moschea Cuprija (Hadji Ali Hadžisalihovic)
  • Casa Saric e la galleria di Branko Sotra
  • Casa Begovina
  • La Chiesa di S. Nicola
  • La chiesa di S. Pietro e Paolo a Osanici Stolac
  • Casa Culhanumina
  • La moschea di Stolac
  • Il Grob Moshe Danon e le Havre Krajšini
  • L’Hamam
  • La città ellenistica di Daorson Ošanicima
  • Stabilimento di nuoto di Stolac
  • Il sistema dei mulini sul Bregava
  • Casa del Vakuf Khadijah Hajdarbegovic
  • Casa Behmen nella Mahala Behmenluk
  • Mejtef Mekteb la scuola primaria islamica
  • I resti della Moschea Podgradska (sottocastello) o Mejdan nella zona del bazar, la moschea di Haji Salih Bora, la moschea del capitano Zulfikar e quella di Ali Pasha Rizvanbegovic tutte distrutte e non ricostruite
  • La casa di Hajji Mehmedbasic Junuz-age
  • Il cimitero vecchio sul colle di Gorica
  • Il cimitero presso casa Boškailovih a Hodovo,
  • Necropoli presso i campi Perica nella frazione di Smith a Hodovo
  • Necropoli di tombe a Gora vicino a Hodovo,
  • La necropoli di stele a Boljuni
  • Necropoli di Radimlja
  • Il sito paleolitico in Badanj a Borojevic

15 agosto
Ferragosto a Mostar
Se Blagaj è stata la città più importante dell’Erzegovina in età medievale, allo stesso tempo Mostar, che deriva il suo nome dal termine “ponte”, è uno degli insediamenti ottomani più importanti degli interi Balcani. Il nucleo non si rifà a preesistenze castellane ma si è sviluppato attorno al ponte fortificato e alle funzioni commerciali che lentamente si sono condensate attorno alla speciale struttura di attraversamento del ponte. Una città aperta e priva di mura nel più puro spirito ottomano. Una città dove convivevano quattro diverse confessioni religiose e oggi si combattono le due dominanti di cattolici e islamici.
  • Il vecchio ponte fortificato di Mostar dopo la ricostruzione 
  • I resti della moschea di Haji Ali Bey Lafee e il suo harem
  • La moschea di Podhume (Bajezidagica Dervish Pasha)
  • Il vecchio cimitero ebraico di Mostar
  • La Sinagoga
  • La moschea Karacoz Bey
  • La moschea e la madrasa di Koski Mehmed Pasha
  • La moschea di Nesuh-in Vucijakovic
  • La moschea Roznamedži Efendi Ibrahim
  • La moschea Nezir-aga
  • La moschea Sevri-Hajji Hasan
  • La torre dell’orologio
  • Il Metropolitan, il palazzo del Vescovo
  • L'antica residenza dei vescovi a Vukodol (la Diocesi in Vukodol)
  • La chiesa della Santissima Trinità
  • La vecchia chiesa ortodossa di Mostar
  • Il cimitero ortodosso di Bjelušine a Mostar,
  • Vecchio cimitero ortodosso Pašinovcu a Mostar,
  • Il complesso residenziale della famiglia Muslibegovic
  • Il complesso residenziale Biscevica-Lakšica
  • Il memoriale partigiano di Bodgan Bodganovic
  • L’antica basilica romana in Cim,
  • La necropoli di Šarapovlje (Viti) in Krusevo,
  • La chiesa ortodossa di San Basilio di Ostrog
  • Drežnica
  • L'iscrizione Bubanjica Mastana a Drežnica
  • La necropoli di Crkvina (Pod) e i resti di edifici medievali a Drežnica (Jasenjani)
  • Le vecchie croci di Drežnica

16 agosto
L’Erzegovina del sud e Trebjnje
Compiremo un lungo viaggio giornaliero attraversando per esteso la zona serbo ortodossa della Erzegovina alla volta di Trebinje. Si tratta di un territorio in cui il paesaggio fisico e quello culturale cambia radicalmente. Le aree asprissime esprimono pochi insediamenti e solo sul fondovalle. Le memorie di quattro secoli di dominazione turca sono state scientificamente cancellate e la popolazione chiede con forza l’annessione alla serbia.
Non a caso le piccole chiesette ortodosse sono onnipresenti seppure nella loro forma e organizzazione spaziale si rifacciano più alla tradizione cattolica dalmata che a quella bizantina a pianta centrale.
  • La zona di Gacko
  • Il castello di Ključ e la moschea del capitano Ajnebeg
  • La Chiesa di S. Nicola a Srnevićima
  • La moschea di Osman Pasha a Kazanci
  • I resti della moschea Avdic
  • La moschea del sultano o di Obradovića
  • Chiesa di S. Bacino
  • La moschea di Hasan Pasha Predojević a Grabovica
  • Il monastero della Presentazione della Vergine a Dobricevo,
  • Il tumulo preistorico e il cimitero di lapidi a Grebnice-Bunčić Radmilovića nel villaggio di
  • Dubrava
  • La chiesa ortodossa di San Michele Arcangelo a Dol Trnovo
  • Il ponte di Arslanagica
  • La chiesa di S. L'Arcangelo Michele e il cimitero a Aranñelovu
  • La chiesa di S. Arcangelo e il cimitero a Velicani,
  • La chiesa di S. George (Đurnevića) a Gomiljanima
  • La chiesa di San Elia e il cimitero a Mesarima
  • La chiesa di S. Clemente a Mostac
  • La chiesa di S. Nedjeljka o della Settimana Santa e il suo cimitero a Talez
  • La chiesa di S. Varvara e il suo cimitero a Strujić
  • La chiesa di S. Petka a Mostac
  • La chiesa dell 'Assunzione della Vergine e il suo cimitero a Lugu
  • La chiesa dei santi Pietro e Paolo a Čičevo
  • La moschea di Kotezi
  • Il castelliere di Varina di Dživaru
  • La torre di Hadziahmetovic a Mostac
  • La chiesa dedicata alla Natività della Beata Vergine Maria
  • Il cimitero preistorico e i resti delle chiese medievali a Jubilation Krajkovićima
  • I resti preistorici di Brijeg a Mostac
  • Un tumulo preistorico di Mosko
  • Le rovine della chiesa di Kostadinovica (Chiesa di San Costantino) a Jeleni
  • Chiesa Ortodossa della Nativita della Vergine con il cimitero a Dračev.
  • La chiesa di San Klimenta nel villaggio di Dražin
  • La chiesa ortodossa di San Nicola con il cimitero nel villaggio di Domaševo.
  • La chiesa ortodossa dell’Assunzione della Vergine con il cimitero nel villaggio
  • Di Drijenjani a polje Popovo,
  • La chiesa ortodossa di Vračević a Gomiljanima
  • Casa Resulbegovića
  • Palazzo Spahović a Bihovu
  • La fortezza medievale di Mičevac,
  • Il castello di Klobuk
  • Un tumolo preistorico a Gomiljanima
  • Ljubinje
  • La chiesa Bogorodice
  • La Chiesa ortodossa di San Lazar principe a Vlahovic
  • Cimitero a Ubosko Dubom
  • Il cimitero Ljeljen a Ubosko
17 agosto
Da Pociteli al mare
A Pocitelj saremo ospitati nella casa turca che si vede nella sottostante immagine. La cittadina fa parte dei beni dell’Unesco per il suo carattere turco balcanico e questo è stato senza dubbio un fattore positivo nel sollecitare un veloce ed immediato restauro del complesso monumentale che conserva gran parte degli edifici ottomani.
Da questa cittadina ci muoveremo verso il vicino mare fino a raggiungere la costa a Neum e percependo quindi le influenze dalmate sui luoghi e sulle persone.
  • Il centro storico di Pocitelj
  • La basilica doppia e il cimitero di Zitomisli
  • Il monastero di Žitomisli
  • Capljina
  • Il ponte turco di Klepci
  • La Chiesa della Trasfigurazione di Cristo a Klepci
  • I resti della città e del castello di Gabela
  • La casa torre Pašic a Bivolje Brdo
  • La villa tardo antica di Mogorjelo
  • Il Parco Naturale di Hutovo Blato
  • Il castello di Hutovo (la fortezza Hadžibegova)
  • La chiesa cattolica di San Anna a Neumski Gradac
  • L’iscrizione di Radovci Vukanovic nella gola di Novkovica a Hutovo
  • Il cimitero e le tombe presso il sito di Crkvina a Hutovo
  • Il cimitero di Groblje a Jurkovića Brštanici di Donje Hrasno
  • Il cimitero di Medjugorje a Glumina
  • Resti dell’insediamento romano e di una necropoli a Vranjevo
18 agosto
Rientro
  • Il museo di Humac
  • L’accampamento militare di Humac
  • La moschea di Ali-beg Kapetanovic
  • La Casa forte Lalic torre in palazzo Ljubuski,
  • Il cimitero Bijaca con le lapidi,
  • Il cimitero di Studenci
  • Il castello di Ljubuški
  • Alle ore 10,00 partiremo alla volta di Pordenone
E’ evidente che non riusciremo a vedere tutti gli edifici segnalati dalle schede della Commissione, ma che di volta in volta sceglieremo quelli che riteniamo i più importanti e facilmente raggiungibili nei tempi contingentati che avremo a disposizione.
Al momento non siamo in grado di definire con precisione i costi che ci siamo limitati a stimare. Come al solito costituiremo una cassa comune dividendo in parti eque tutte le spese che si sosterranno.

I posti in auto sono 18 (due minibus). Per i posti disponibili si darà la priorità a quanti hanno già partecipato alle altre spedizioni e ai soci di Legambiente.
Vale la pena far presente che a Blabaj e a Pociteli dovremo dormire in case turco bosniache che non hanno tutti i confort di un albergo. Quindi dormiremo in camere con quattro letti e un bagno o in situazioni ancor più difficili. Insomma, un viaggio di questo genere è consigliabile solo a chi abbia capacità di adattamento… anche tenendo conto dei ritmi che dovremo tenere per visitare quanti più luoghi possibili.

mercoledì 13 luglio 2011

Un Villaggio Minerario in Val Racolana
che non si tratti di un classico villaggio alpino lo testimonia l'evidente squarcio sulla montagna che lo sovrasta da cui emerge una roccia di colore rosso, e tutte le installazioni umane che si abbarbicano sul versante con evidenti scopi industriali.
Ma giunti più vicino a rimarcare la particolarità di questo insediamento contribuiscono le caratteristiche dei fabbricati (tutti su più piani), la quasi totale assenza di cortili privati,
ma anche la tipologia e architettura degli immobili che farebbero pensare più ad un quartiere operaio di una grande città che non ad un insediamento montano.
Questo è in sintesi il primo approccio a Cave del Predil ma una visione ancora più attenta fa risaltare la fattura di certi particolari che denotano una sapienza progettuale degna di un felice periodo dell'architettura Italiana.

Uno scorcio di Cave del Predil (Raibl) dalla strada estiva antico collegamento che dal paese conduceva al valico del Predil.
Si distinguono le installazioni della miniera poste sotto la parte erosa ed alcuni dei quartieri operai che componevano il villaggio minerario.

Qui sono visibili le installazioni della miniera con recenti interventi di bioingegneria realizzati a difesa dei versanti erosi.

Le case dei minatori uno dei primi interventi di edilizia per gli operai, recentemente restaurate.




Edificio residenziale nel centro di Cave del Predil.


Il complesso della miniera.


Resti di installazioni industriali a servizio della miniera.

Un edifico multi funzionale al centro di Cave del Predil ora al piano terra trova sede il Museo della Miniera.


Una delle tipologie di edifici residenziali multi piano.


Altra tipologia di edificio residenziale multi piano.


Ambito del paese che farebbe pensare ad un quartiere operaio di una grande città.


Ringhiere


Piazza del paese.


Il Paese


Portone di accesso ad uno dei palazzi dell'amministrazione della miniera.


Grata di fattura elaborata.


Portale di accesso ad una struttura multi servizi.


Resti di un fabbricato industriale nell'area mineraria.


L'area mineraria.